Un iPhone in un dipinto del 1937: l’immagine del mistero | È la prova dei viaggi nel tempo?

Un dipinto di quasi 100 anni fa mostra un nativo americano con in mano un “telefono cellulare”: com’è possibile?

Un indigeno che tiene in mano un piccolo oggetto rettangolare nero del tutto simile alla forma di un iPhone. E lo guarda direttamente con la tipica espressione di chi si sta scattando un selfie. È l’immagine che balza all’occhio in un dipinto del 1937 ambientato in America e intitolato “Mr Pynchon and the Settling of Springfield”, opera di Umberto Romano.

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Esiste la prova di un viaggio nel tempo all’interno di un dipinto-Ossinotizie.it

I “teorici della cospirazione” si sono subito scatenati. Il dettaglio nel dipinto in questione dimostrerebbe innegabilmente che i viaggi nel tempo esistono. L’artista italiano ufficialmente ha voluto raffigurare con un murale l’arrivo dei coloni nel primo scorcio del XVII secolo. Ma siamo sicuri che dietro non ci sia qualcos’altro?

Lo strano caso dell’iPhone in un dipinto di un secolo fa

Come noto, gli iPhone sono stati inventati solo nel 2007, mentre i telefoni cellulari portatili si sono diffusi non prima del 1980. E l’artista, Umberto Romano, è morto nel 1982. Insomma, le date non corrispondono. Ma non c’è dubbio che l’opera in questione ritragga uno dei protagonisti, più o meno al centro in basso, con in mano qualcosa che sembrerebbe proprio uno smartphone.

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Il murales in questione è stato realizzato per documentare un incontro tra due importanti tribù -Credit Mirror – Ossinotizie.it

Nel murales in questione il pittore italiano documenta un incontro precedente alla Guerra Rivoluzionaria tra due importanti tribù del New England, i Pocumtuc e i Nipmuc, e i coloni inglesi del villaggio di Agawam nell’attuale Massachusetts. William Pynchon, fondatore di Springfield, era un commerciante di pellicce inglese. E correva l’anno 1630: 200 anni prima dell’avvento dell’elettricità.

Nonostante il polverone sollevato dai complottisti che si sono scagliati su quell’immagine additandola come prova definitiva dell’esistenza di entità multidimensionali, tuttavia, gli esperti di storia hanno subito smontato simili congetture.

In un articolo su Motherboard, Brian Anderson conclude che il dispositivo incriminato è molto probabilmente uno specchio, un oggetto comunemente scambiato dai mercanti dell’epoca. “C’è ragione di credere che ciò che l’uomo sta esaminando non sia un oggetto indigeno, ma piuttosto di origine europea, come lo specchio, che spesso veniva presentato come novità negli scambi con i nativi”, ha scritto.

Secondo lo scrittore e storico Daniel Crown, la scena rappresenterebbe l’indiano in procinto di specchiarsi allo scopo di dimostrare l’arretratezza della comunità indigena. “Gli americani dell’epoca erano ossessionati dal mito del buon selvaggio – spiega – e il tentativo di Romano potrebbe essere stato quello di raffigurare l’introduzione di una comunità arretrata nella modernità“.

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